La pronuncia è decisamente la prima cosa che viene notata quando si parla in inglese. Ricordo come anni addietro, in uno stage in Inghilterra, il primo giorno del corso il professore chiedesse a un mio compagno: “ So, what about your English, is it good?” Egli rispose “ Yes, I think so”. E l'insegnante commentò : “ It sure sounds like it is”. Il mio compagno aveva detto solo tre parole e anche molto semplici, eppure il professore fu in grado di capire se il suo inglese fosse buono o meno. Non aveva usato un vocabolario ricercato o una forma grammaticale avanzata, aveva semplicemente un'ottima pronuncia.
Quando parliamo inglese i nostri interlocutori potrebbero benissimo non notare se abbiamo un vocabolario limitato o un uso scorretto della grammatica ( cosa che per altro hanno spesso anche gli inglesi madrelingua!). Ma senza ombra di dubbio si accorgeranno subito se pronunciamo bene o male. E se la nostra pronuncia è scarsa, saremo “il tizio che parla male l'inglese”, anche se abbiamo una grammatica impeccabile.
Con la grammatica o il vocabolario si può scendere a compromessi e utilizzare strutture e parole più semplici e ciò è perfettamente accettabile per qualsiasi interlocutore. La pronuncia invece non ammette mezze misure perché non esiste una pronuncia “semplificata”: se non è buona, è cattiva.
E se è cattiva, si rischia di non essere compresi. Spesso non possiamo correre questo rischio, perché le conseguenze potrebbero essere umilianti, irritanti o persino dannose.
Ecco perché la pronuncia, che purtroppo il più delle volte è relegata in fondo alle priorità dell'insegnante, dovrebbe essere il punto di partenza e una presenza costante nello studio dell'inglese.
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